Patrimonio artistico

Sa funtana manna
La città di Bosa, nodo di commerci e culture, conserva il richiamo storico della tradizionale denominazione “Sa Piatta”, quella parte di centro storico posta più a ridosso del corso del fiume e dove tradizionalmente si svolgevano gli incontri di affari e quelli più semplici di intrattenimento. Lungo il Corso Vittorio Emanuele in una di queste piazze troviamo “Sa Funtana Manna”, una grande fontana costruita in trachite rossa locale e pregiato marmo bianco. La sua costruzione risale al 1881 a ricordo dell’inaugurazione dell’acquedotto, uno dei primi in Sardegna, avvenuta nel 1877.
Cattedrale dell’Immacolata
135L’attuale edificio sostituisce l’antica cattedrale dedicata a S. Maria, risalente agli inizi del XII secolo e restaurata nel XV. La ristrutturazione completa dell’edificio fu terminata successivamente alla stessa consacrazione ufficiale avvenuta nel 1809. L’interno si presenta ad una navata; il presbiterio rettangolare, rialzato rispetto alla navata, è caratterizzato da una volta a botte spezzata, che sostituisce la tradizionale copertura a crociera; all’interno, sulla parete destra, si estende un braccio con cappelle laterali e, alla testa, un vano absidato e cupolato.
Castello Malaspina
Tra i monumenti sardi, il castello di Bosa conserva intatta la propria singolare originalità: esso identifica in qualche modo la città del Temo e mantiene il fascino di vicende che scivolano ora nella storia, ora nella leggenda. Possente struttura militare, venne edificato nel 1112 dai Marchesi Malaspina. Punto di forza e di difesa, sorge in cima al colle chiamato di Serravalle a ridosso al quale si sviluppa l’attuale città di Bosa. Nel corso dei secoli la struttura venne più volte ampliata ad opera di pisani aragonesi e spagnoli. L’antica costruzione si andò ingrandendo sino a diventare un complesso circolare. Oggi si presenta integro il mastio centrale o torre regina, grande punto di forza del castello. Questo è circondato da una cinta muraria costruita in trachite chiara sulla quale si elevano torri di avvistamento disposte a quasi uguale distanza lungo la cinta muraria dalla quale è possibile osservare un suggestivo panorama che domina tutto il paesaggio circostante. Nella piazza d’armi all’interno del castello è eretta una piccola chiesetta che gli abitanti di Bosa chiamano di “Regnos Altos” impreziosita da affreschi trecenteschi di scuola toscana.
Torre Isola Rossa
La Torre del porto di Bosa, detta anche Torre dell’Isola Rossa, è la più antica ed importante della zona, una delle più imponenti della Sardegna. Le sue caratteristiche architettoniche sono ascrivibili al XV secolo.
Convento Cappuccini
Fra i complessi conventuali settecenteschi, resta ancora quasi intatto quello eretto nella città dai Cappuccini: esso ci offre chiaramente la distribuzione e l’articolazione degli ambienti.
Oratorio del Rosario
La chiesa, ubicata nel C.so Vittorio Emanuele, la principale strada del Centro Storico, è edificata, per quanto riguarda il prospetto, secondo lo stile barocco della facciata del Carmine di cui riprende il fastigio semplificandolo e modificandolo nella sommità con una slanciata struttura campanaria sotto la quale è ospitato, dal 1875, l’orologio pubblico con mensola in aggetto.
Sito archeologico S’abba Druche
Situato a circa quattro km. da Bosa lungo la strada Bosa Alghero, il sito, nella omonima località, ha consentito di documentare un vasto insediamento abitativo e produttivo, ascrivibile ad un ampio ed articolato arco cronologico dall’epoca nuragica all’età romana imperiale. Gli scavi (ancora in corso) hanno portato alla luce interessanti strutture quali i resti di un Nuraghe a pianta complessa, un pozzo di epoca nuragica, in precario stato di conservazione, composto da due parti distinte: la scala e la camera a “Tholos”, che racchiudeva la vena d’acqua e di cui sono visibili solo alcuni filari costituiti da grandi blocchi squadrati. Ad epoca romana vennero attribuite le strutture murarie, che parzialmente insistevano sull’abitato nuragico, costituenti numerosi ambienti contigui, a modulo rettangolare, tipici di un centro abitativo. In una zona antistante, a circa centocinquanta metri si individuò una vasta e complessa area “lavorativa-produttiva”, incentrata su tre strutture, perfettamente visibili, costituite da due vasche rettangolari, accuratamente scavate nella roccia, a breve intervallo l’una dall’altra, con gli spigoli arrotondati. In ciascun impianto le vasche, disposte in pendenza, risultano adiacenti lungo l’asse longitudinale e collegate fra loro da un foro. Intorno ad ogni struttura si trova una larga canaletta.
Chiesa di San Pietro
La chiesa, situata in una pittoresca posizione, nelle sue attuali strutture è il risultato di un lungo processo costruttivo, svoltosi in almeno tre diversi momenti.
Nel suo aspetto complessivo, la chiesa si presenta a tre navate, divise da robusti pilastri rettangolari, con tetto centrale a capriate; volte a crociera sulle navatelle; unica abside. Nella facciata si nota la caratteristica edicoletta sulla cuspide; si vedano anche i tre rosoni quadrilobati, gli archi a sesto acuto, con agli scarichi gli altorilievi che rappresentano i simboli dei quattro evangelisti. Sull’architrave in calcare sono raffigurati S. Pietro, S. Paolo, la Madonna con bambino, S. Costantino, omonimo del Vescovo Costantino de Castra.
Chiesa e Convento del Carmine136
I Carmelitani che da secoli occupavano il monastero di S. Antonio Extramuros oggi distrutto, ottennero nel 1606 l’autorizzazione a trasferirsi nella vecchia chiesa di Nostra Signora del Soccorso, presso la Porta di S. Giovanni: solo dopo un secolo e mezzo iniziarono i lavori di costruzione della nuova chiesa del Carmine, che furono conclusi nel 1779 e la cui consacrazione avvenne nel 1810.

Le vecchie concerie
L’ubicazione dell’industria conciaria lungo la riva del fiume dipende direttamente dalla necessità di usare l’acqua salmastra nella lavorazione delle pelli. Questa industria ha costituito un propulsore della vita economica cittadina a partire dal Seicento e la lunga teoria di casette basse con le caratteristiche facciate ornate di trachite, ne costituisce l’espressione architettonica ottocentesca. Oggi, monumento di archeologia industriale, con decreto del 1989, il quartiere si presenta con tutto il suo splendore arricchito, lungo le rive del fiume, da uno splendido porticciolo turistico che ne esalta la sua bellezza e suggestione.
Chiesa S.Antonio Extra Muros
L’edificio, ad una sola navata. La facciata in trachite rossa, è in stile gotico-catalano e risale al XVI secolo.
Rione Medievale Sa Costa
l quartiere medioevale di “Sa Costa” è individuabile in quella porzione di territorio che avvolge da levante a ponente il caratteristico colle di Serravalle a tronco di cono, che si eleva dalla vallata del fiume Temo e in cima al quale è posto il Castello dei Malaspina.
Un insieme edilizio sviluppato su strade strette e lunghe, che seguono le curve di livello del colle e si collegano ortogonalmente con ripide scalinate.
Chiesa di Santa Maria del Mare
La chiesa, ubicata nella frazione di Bosa Marina, è realizzata con unica navata affiancata da cappelle laterali secondo uno schema tipico dell’Isola. Edificata nel 1686, racchiude forme e stili della lunga esperienza gotico – catalana insieme ad approssimative forme rinascimentali.
Chiesa Nostra Signora di Regnos Altos
L’edificio, originariamente dedicato a S. Andrea, è ubicato all’interno del castello di Serravalle eretto dai Malaspina a partire dal 1112. L’origine è da riferirsi al periodo in cui fu eretto il castello. Recentemente, durante lavori di ristrutturazione, sono stati rinvenuti nelle pareti una serie di affreschi databili alla metà del XIV secolo e all’ambito della pittura italo meridionale di cultura franco-sveva. Assai suggestiva la festa della Madonna di Regnos Altos che si celebra ogni anno nella seconda settimana di settembre e che coinvolge tutto il centro storico.
Chiesa Santa Croce
L’edificio di origine cinquecentesca, ubicato all’interno del centro storico, fu affidato nel 1648 ai fratelli di S. Giovanni di Dio che dal 1644 avevano la gestione dell’attiguo Ospedale della Misericordia.

Museo Casa Deriu

Il Museo Casa Deriu in Corso Vittorio Emanuele II, 59 racconta uno spaccato della vita in una casa nobiliare nel cuore della Città di Bosa. La Casa conserva gli arredi originali, gli spazi destinati alla servitù, e la biancheria con i ricami ed il filet vanto delle artigiane di Bosa.

Casa Deriu è uno degli edifici più belli del lato destro del corso, precedente al progetto urbanistico di Pietro Cadolini, risistemata nel 1838, come testimonia la scritta sul lato del portone. Le mostre dei due portoni di facciata, realizzate in trachite rossa lavorata a mano, sono arricchite da trabeazione aggettante e colonne scolpite. L’androne d’ingresso è caratterizzato dalla presenza di tre archi, tipica delle abitazioni bosane. Il primo arco consente l’accesso ai magazzini, il secondo al vano scala ed il terzo ha funzione ornamentale.

L’abitazione si sviluppa su tre livelli: le due stanze di maggiori dimensioni con affaccio sul corso. Il primo piano è riservato alle mostre temporanee. Il piano nobile, che era riservato ad abitazione padronale, è un esempio intatto di abitazione ottocentesca per famiglie di ceto elevato, in uso fino a un passato recente con arredi in gran parte originali. L’attuale sistemazione dell’appartamento propone un percorso circolare, a partire dall’ingresso a sinistra del pianerottolo, che consente l’accesso al salotto, comunicante con la camera da letto (con annesso guardaroba). Di qui si passa per una sorta di anticamera, con doppio accesso alla sala da pranzo, da cui si esce nuovamente sul pianerottolo attraverso un breve corridoio ricavato con tramezzi di legno, che costituiscono le pareti dei servizi igienici e di altro ambiente destinato probabilmente alla servitù. Fra gli arredi e le decorazioni sono pregevoli il parquet del salotto, con motivi geometrici ripresi dagli ornati del soffitto a finti cassettoni. il pavimento della camera da letto in maioliche di manifattura campana del XIX secolo, ben armonizzate con la volta dipinta con cornici e vasi di fiori di gusto neo-settecentesco. infine gli ornati Jugendstil della sala da pranzo, ascrivibili al primo decennio del Novecento.

Temporaneamente in mostra al Museo anche 18 opere provenienti dal Convento dei Cappuccini di Bosa e appartenenti al Fondo edifici di culto (Fec). Appena restaurati, sedici dipinti ad olio su tela e due statue lignee policrome raffiguranti San Francesco che risalgono al XVIII secolo e sono attribuite ad autori di scuola sarda e sardo-napoletana. Infatti a Bosa, intorno al XVII secolo si assiste all’incontro della tradizione gotico-catalana con le nuove forme del manierismo severo, approssimativamente rinascimentali e classicheggianti che portarono nel 1609 alla fondazione del Convento dei padri cappuccini con l’annessa chiesa dedicata alla Madonna degli Angeli.

Raccolta Melkiorre Melis

La Raccolta Melkiorre Melis, legata dagli eredi Melis al Comune di Bosa nel 1989 è visitabile al terzo piano. La raccolta si compone di opere di indiscutibile valore pittorico e rappresentatività storica. Pregevoli gli studi decorativi di interni e per la lavorazione della ceramica in cui raggiunge apici di vera maestria tecnica, quali la cottura degli smalti a terzo fuoco. Nelle arti applicate, Melkiorre Melis si distinse nella grafica pubblicitaria in epoca fascista, campo in cui l’artista ottenne commissioni prestigiose e generale apprezzamento per la sua impostazione originale. Tra le opere esposte si trovano i dipinti ispirati al periodo vissuto in Libia.

Pinacoteca Antonio Atza

La Pinacoteca Atza si trova a Bosa, nel corso Vittorio Emanuele II di fronte alla Casa Deriu, nei locali della ex Biblioteca comunale. Al suo interno si trovano le opere donate dal pittore Antonio Atza alla Città di Bosa.

L’esposizione, suddivisa in diverse sale, permette di conoscere il percorso dell’artista dalle primissime esecuzioni realistiche, alla fase surrealista che lo ha consacrato tra i protagonisti del dopoguerra. La pinacoteca costituisce la più significativa esposizione delle opere di Atza con le famose “Sabbie” dipinte alla fine degli anni cinquanta, i “Blues” dei primi anni sessanta e le opere di chiara ispirazione futurista, come l’Autoritratto e i Venditori di brocche che assieme agli “Aquiloni” descrivono la portata culturale della sua innovazione artistica.

Il museo permette la conoscenza di un artista annoverato tra i maestri dell’arte sarda del secondo Novecento. I suoi dipinti sono infatti presenti nei principali musei dell’isola e sono ricercati e ambiti dai collezionisti. Uno spazio è dedicato alle opere dei vari artisti con i quali Antonio Atza aveva stretto rapporti di amicizia: Stanis Dessy, Giovanni Thermes e Giovanni Pisano.

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